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Società di Psicoanalisi Interpersonale e GruppoAnalisi

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Riflessi 19

Il mondo “potenzialmente ostile” ai tempi del coronavirus

di Raffaella Russo

Stiamo tutti sperimentando una condizione di solitudine non per scelta, ma forzata. Rapporti ristretti all’ambito familiare, mantenuti virtualmente con amici e colleghi, molto tempo da passare da soli, con i pensieri e le preoccupazioni che vanno e vengono. Ci hanno detto e ridetto che le mura domestiche sono le uniche a garantirci una sicurezza, la sicurezza necessaria a sopravvivere, anche andare a fare la spesa potrebbe essere un momento in cui poter malauguratamente incontrare il Virus. Ma il Covid -19 non ha facce, se non quel pallino con i puntini che siamo ormai abituati a vedere, non si sa dove si nasconde e soprattutto in chi. Addirittura potrebbe essere nascosto nel vicino che prima salutavamo tutti i giorni e che ora aspettiamo che sia ben chiuso in casa per uscire anche noi, per non incontrarlo nel pianerottolo; nel passante che incrociamo per strada mentre andiamo al lavoro o in farmacia, e che ci porta a cambiare marciapiede per i più spavaldi, o ad abbassare lo sguardo come se guardando a terra magicamente scomparissimo, similmente a quanto fa un bimbo quando si copre gli occhi con le mani ed è convinto di essersi nascosto. Nella nostra mente, bombardata quotidianamente dalle notizie e false notizie urlate dai giornali e dalla televisione, il male non si configura più nel virus ma negli Altri. Il mondo esterno è diventato pericoloso per la nostra salute, gli altri potrebbero farci un danno, persino con uno starnuto. Mi ha fatto riflettere un paziente che mi ha detto durante una seduta virtuale di gruppo “Dottoressa quello che mi fa più dispiacere e che mi angoscia molto è che se sono senza mascherina per strada vedo che gli altri mi evitano, si allontanano, sento di essere percepito come un pericolo per gli altri”. Karen Horney nei suoi scritti parlava di come un adulto che abbia sperimentato nell’infanzia un’angoscia di base, non essendo stato visto nei suoi bisogni da chi doveva prendersi cura di lui e assicurargli un rispecchiamento affettivo, potrà costruire dentro di sé l’immagine di un mondo esterno potenzialmente ostile, un mondo che fa paura, da accondiscendere, da aggredire o dal quale scappare il più lontano possibile. Oggi mi trovo a pensare che questo mondo non sia più solo potenzialmente ostile, ma che lo sia davvero. Un mondo realmente ostile che danni può fare nell’immaginario di chi già viveva nella percezione di un pericolo imminente? Io credo che potrebbe portare ad irrigidire ancor di più le proprie difese, ad allontanarsi nuovamente dal dare fiducia agli altri, se questo processo era cominciato in un percorso di terapia. Qual è allora il nostro compito come terapeuti? Sicuramente, come abbiamo sempre fatto, il nostro primo compito sarà di “dare parola” alle emozioni vissute che non trovano spazio né nelle conversazioni all’interno della famiglia, né nelle comunicazioni virtuali all’esterno; alle paure, alle angosce, alle preoccupazioni per il presente e per il futuro, ai genitori che non sanno come aiutare i bambini a reggere l’isolamento, agli anziani che si sentono più di tutti alla mercé di questo male, ai nonni che hanno sempre avuto un ruolo portante nella famiglia e a cui ora viene detto di stare da soli, lontani, a chi ha vissuto un lutto per causa del Virus, a chi lotta con la malattia per sopravvivere. Ma non solo, il nostro compito, ora come ora, credo sia di restituire fiducia. Quella fiducia in noi e negli altri che ci è stata tolta nel momento in cui siamo stati chiamati a fare i conti con un nemico invisibile che si annida negli altri. Fiducia in noi stessi, nei nostri progetti, che non devono fermarsi, la vita non si è fermata, il mondo va avanti solo che ha deciso di farlo a piccoli passi, lentamente. E quindi forse meglio pensare al progetto per oggi, invece che per un domani lontano, a cosa si può fare oggi, quali sono le nostre qualità, in cosa possiamo credere, che ruolo abbiamo adesso nel mondo, interno ed esterno che sia. E soprattutto fiducia negli altri, perché dietro quelle mascherine che ora indossano, non c’è un mostro che può farci male, ma un bellissimo sorriso che ci aspetta.